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I necessari impegni per una moda etica, responsabile e sostenibile

Tra innovazione e consapevolezza dei cittadini, la moda inizia un nuovo ciclo ove, trovano sempre più spazio, imperative volontà per creare una moda etica, responsabile e sostenibile. Una convinzione che, presto, sarà una comune realtà. Difatti, è più che evidente, come la moda di domani sarà etica, sostenibile, circolare. In un una parola: responsabile.

Non per nulla, già a partire dal 2018, 48 marchi e grandi gruppi hanno firmato la Carta dell’industria della moda per una azione a favore della salvaguardia del clima, sotto l’egida delle Nazioni Unite. In pratica, si sono impegnate ad unire le forze per ridurre le emissioni di gas serra del settore del 30%, e, questo, entro il 2030. Una scommessa ambiziosa, ma inevitabile sapendo che la moda è uno dei settori più inquinanti al mondo.

D’altra parte, anche le aspettative dei consumatori sono cambiate. Migliori condizioni di produzione e maggiore trasparenza sono, pertanto, le fondamentale esigenze di una nuova moda, pronta a firmare una sorta di manifesto per dare vita a creazioni davvero etiche. Ma, in un settore competitivo come quello del lusso, i grandi gruppi, quanto sono, nella realtà pronti a mettere in comune le proprie risorse e camminare mano nella mano per preservare il pianeta?

Questo, non può, di certo essere considerato come le scommesse che si possono fare sul sito NetBet scommesse italia. Non per nulla, questo percorso, se si vuole, una meravigliosa avventura, deve, proprio, partire dallo stabilire una mappatura delle risorse sostenibili e, quindi, utili a ridurre l’impatto ambientale.

Di certo, è interessante sapere che esiste una “coalizione” di aziende impegnate nella lotta al riscaldamento globale, e che siano interessate alla protezione della biodiversità e degli oceani, visto che, in materia gli Stati si trovano, più che altro, impantanati in tanto complesse quanto sterili discussioni e incontri.

Perciò, se fino a qualche anno fa, termini come, ad esempio, ecofriendly, green, a basso impatto, consapevole e via dicendo, erano quasi del tutto sconosciute per la moda, oggi, brand e negozi fanno a gara per proporre capi di questo genere. Pur tuttavia, è da ammettere che se i nostri occhi sono più increduli di quanto non siano stupiti, è perché pochi di noi hanno davvero familiarità con questo gergo.

Gli stessi brand, alle volte, faticano nel fornire una definizione chiara. Il problema, fondamentale, è la lingua parlata nel proprio paese. Di conseguenza, l’ignoranza non ci lascia altra scelta che fidarci dell’etichetta, spesso verde, su cui è contrassegnato “prodotto responsabile” a lettere d’oro. Ma responsabile di chi e di che cosa?

Se la conoscenza è potere, l’ignoranza è la porta aperta al greenwashing, un neologismo inglese che, di solito, è tradotto come ambientalismo di facciata oppure come ecologia di facciata, giusto per sottolineare una certa comunicazione fatta da istituzioni, organizzazioni e, ovviamente, imprese.

Seppure non esistano sostanziali spiegazioni pronte all’uso, si può riassumere che la moda sostenibile mira a prolungare la vita di un capo e a ridurne l’impatto ambientale.

In pratica, questo approccio è distribuito su tutta la filiera produttiva e si traduce nella scelta di una materia prima di qualità, metodi di lavorazione, produzione e distribuzione sani. Generalmente, il brand limita volontariamente la sua produzione a due o quattro collezioni all’anno. Una moda eco-responsabile, pertanto, deve necessariamente incorporare misure di protezione ambientale.

In altri termini, una corretta progettazione di moda ecocompatibile, non può esimersi dall’analizzare l’integrazione delle caratteristiche ambientali nella progettazione del prodotto, al fine di migliorarne le prestazioni ambientali durante tutto il suo ciclo di vita.

Andando a concludere, per ogni fase dalla progettazione al fine vita, è necessario tenere conto degli effetti generati sull’ambiente e, dunque, identificare le fonti di difficoltà e proporre miglioramenti per ridurre o, addirittura, eliminare questi impatti negativi.

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