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Fertilità: parliamone

Buongiorno cari amici, come state? Quando un mese fa mi è stato proposto di parlare del mio punto di vista su fertilità e nuovi media in un importante convegno promosso dall’associazione Fertility Europe, ammetto che mi sono sentita tentennare per qualche secondo perché coinvolta in un ruolo molto autorevole, troppo importante ed al tempo stesso forse troppo al di sopra delle mie possibilità. Ho avuto qualche attimo di riflessione e poi mi sono detta: “sì assolutamente sì, fertilità? Parliamone”. 

Da lì, mi sono messa a cercare qualsiasi cosa sul tema, ne ho parlato con qualcuno di voi privatamente e ho compreso che nel 2021 la fertilità è ancora un tabù per moltissime persone, e i giovani ne sanno davvero poco. 

Ma prima di arrivare ai social capiamo qualcosa in più sui numeri in Italia.

Ho appreso infatti che in tutta Europa la natalità è in costante diminuzione e continua a crescere l’età media della prima gravidanza: oltre 31 in Italia dove la fecondità espressa dalle 35-39enni ha superato quella delle 25-29enni. I medici ci ricordano che la possibilità di rimanere incinta è influenzata dall’età: il 90% delle donne ne è consapevole, ma quasi 1 donna su 2 non sa esattamente a che età la fertilità inizia a declinare, cioè da che età la riserva ovarica tende progressivamente a ridursi e con essa la qualità degli ovociti.

Bisogna parlarne di più, bisogna informare i giovani per far sì che da adulti siano nelle condizioni di realizzare i loro progetti di genitorialità. E bisogna sfatare i falsi miti: quante volte abbiamo sentito dire “tanto dopo i 40 anni ci pensa la PMA”, è vero, la medicina ha fatto enormi progressi ma alcuni fattori come l’età giocano un ruolo determinante anche per il successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Con l’obiettivo di accendere i riflettori su quanto (poco) ne sanno i giovani in tema di fertilità e sui fattori ad essa correlati, Fertility Europe, l’organizzazione paneuropea che rappresenta le principali associazioni pazienti attive nell’area della fertilità, ha riunito esponenti delle istituzioni ed esperti nel campo della Salute Riproduttiva provenienti da cinque Paesi europei nella tavola rotonda virtuale “Fertility Awareness in 2021: Educating the Younger Generations”.

Tra i tanti esponenti ci sono stata io, con un intervento su fertilità e nuovi media. Dall’incontro con gli esperti è emersa l’urgenza, per i governi di tutta Europa, di mettere la fertilità al centro delle politiche educative, inserendola come materia curriculare nei programmi scolastici sulla salute riproduttiva. In particolare, gli esperti hanno condiviso la necessità di promuovere una corretta informazione sull’andamento della curva della fertilità in relazione all’età, sull’impatto dei comportamenti individuali, ma anche sulle opportunità offerte dalla medicina per la preservazione della fertilità. Ci vuole più informazione, più educazione e più dialogo a scuola, in famiglia, con il proprio medico.

Enrico Papaleo, Responsabile del Centro Scienze della Natalità all’Ospedale San Raffaele di Milano, ha ricordato che “il 10% della popolazione soffre di problematiche correlate alla fertilità e che la scarsa conoscenza dei fattori che incidono sulla fertilità, femminile e maschile, gioca un ruolo determinante”. Per questo, “i giovani sono coloro verso i quali è prioritario intervenire, per evitare che scelte poco consapevoli possano compromettere irreversibilmente la fertilità futura”.

Ma dove si parla di fertilità? E come sei ne parla?

Secondo l’indagine “I giovani e la fertilità” del 2017, che ha coinvolto 1500 tra ragazze e ragazzi di età compresa tra i 14 e i 26 anni e promossa da Sifes, Società Italiana di Fertilità e Sterilità, la maggior parte delle persone si informa sul web, i giovani soprattutto sui social: il 72% dei ragazzi non ha mai pensato di fare un controllo medico per informarsi della propria salute riproduttiva. 

Diverso l’atteggiamento delle ragazze, più consapevoli rispetto ai maschi, soprattutto nella fascia d’età tra i 20 e i 26 anni: quasi il 40% di loro ha fatto controlli ginecologici. Il tema della fertilità è prevalentemente legato ai social, ma il livello di conoscenza è superficiale. Le fonti di informazione sono soprattutto il web (34,7%) e gli amici (29,4%); seguono i genitori (20%) e i medici (15,8%). 

Un aspetto interessante è rappresentato dal fatto che i problemi d’infertilità sono percepiti come risolvibili, anche grazie alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita che risultano ampiamente conosciute (il 75% ne ha sentito parlare). Appare acquisito il dato sulle influenze esterne: abitudini e stili di vita, quali il consumo abituale di droghe, alcol e fumo, ma pure inquinamento ambientale e obesità, sono correttamente riconosciuti come possibili fattori che compromettono la fertilità sia maschile che femminile.

Dal quadro delineato emerge la necessità di formare (non solo informare) e sensibilizzare maggiormente la fascia più giovane della popolazione, anche aumentando la consapevolezza che queste tematiche interessano i maschi tanto quanto le femmine. Ancora oggi sono soprattutto le ragazze, perciò le “potenziali future mamme”, a mostrare una maggiore attenzione.

Ho scoperto che vi sono tre modi differenti di informarsi su questioni legate alla fertilità, che dipendono sostanzialmente dall’età: 

  • Gli adolescenti hanno conoscenze generali sulla fertilità e riproduzione, si informano su internet e sui social anche se vorrebbero farlo a scuola.
  • Il 90% degli studenti universitari si informa su internet.
  • Per gli adulti tra i 18 e i 49 anni, un interessante risultato è la mancata consapevolezza del ruolo giocato dall’età sulla fertilità femminile e sulla capacità riproduttiva maschile. Le ragioni più frequenti per rinunciare ad un figlio sono per lo più economiche e la mancanza di sostegno delle famiglie.

E i social?

Nel 2019 nasce Conneggs il primo social network sulla fertilità, dove le coppie con problemi di infertilità possono parlarsi, ascoltarsi, confrontarsi. Un passo in avanti verso il riconoscimento dell’infertilità come problema medico e sociale.

Sui social sono presenti profili di cliniche dedicate e di medici nel campo della riproduzione che veicolano informazioni e consigli utili per le future mamme. Di tutt’altra natura sono i profili delle donne che sono diventate mamme, anche grazie alle tecniche di PMA, che raccontano le loro storie e momenti bui in attesa dell’arrivo del loro bambino. Ho colto un senso di imbarazzo, un tabù: gli uomini non vogliono parlarne per non perdere la loro virilità, le donne invece si nascondono dietro profili anonimi sui social per dialogare con altre persone che hanno lo stesso problema.

Che dire?

Fertilità? Parliamone.

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